giovedì 29 novembre 2012

Taormina. Franz Buda: “La storia e la legge non sono suppellettili polverose. Capito, cari amministratori?”

Taormina. “Il più delle volte alcuni personaggi che rivestono il ruolo di amministratori sono convinti che la storia, il diritto, la legge e la giustizia siano inutili anticaglie e suppellettili polverose da riporre in soffitta come i libri sull’economia, la filosofia e le dottrine politiche, come gli scritti di Marx e Hegel”: a dichiararlo è il taorminese Franz Buda. “E’ fin troppo pacifico – continua Buda – che il rifiutare gli insegnamenti della storia e della cultura in genere non consente un guida amministrativa di una Città come Taormina, che erede di Naxos, è coeva di Roma (730 a.C.) caput mundi la quale divenne tale per le sue leggi, le sue istituzioni, le sue legioni. Non possono essere certo messe nel dimenticatoio le tavole della lex lasciate ai posteri dagli antichi magistrati, chiamati Strateghi e Ginnasiarchi, che ebbero la saggezza e la lungimiranza di promulgare le norme per amministrare una civitas libera e fidelis quale divenne la Tauromenion notabilis. Tali importanti reperti storici in atto sono conservati nel piccolo e quasi sconosciuto Antiquarium, posto all’interno del Teatro Antico; un bene culturale che dovrebbe essere intensificato e trasferito in un vero Museo Civico Archeologico da istituire immediatamente per poter trasmettere la saggezza custodita in detti documenti storici non solo ai turisti ed agli studiosi ma soprattutto agli studenti ed agli amministratori locali affinché possano emulare i loro antenati nella saggia guida della civitas, in sintonia con la storia e la cultura, sempre presente nella tradizione civica, ponendo in essere deliberazioni necessarie e veramente utili al buon governo della Città. Purtroppo, gli odierni amministratori non hanno dato alcuna importanza alle specifiche esigenze della collettività ed alla preservazione delle istituzioni, trascurando, oltre il Centro Storico, le Contrade, la Piana di Taormina e l’intero territorio, privo di P.R.G., sottoposto ad indiscriminati interventi edilizi, senza l’obbligatoria previsione di infrastrutture primarie e secondarie. Ma ciò che in questi giorni ha destato maggiore scalpore ed impressione è stata la mancata approvazione di una urgente delibera per il mantenimento degli Uffici del Giudice di Pace, perdendo così in un sol colpo la residua fascia della gestione della Giustizia e costringendo i cittadini della Perla e della Valle Alcantara a recarsi nel 2013 a Messina per minime vertenze. Eppure gli avvocati del Foro di Taormina avevano fornito alla Giunta: le disposizioni di legge, il progetto dei locali, da concedere gratuitamente (preceduto dal positivo sopralluogo effettuato dal sindaco) la bozza della delibera di Giunta, l’istanza da inviare al Ministro di Giustizia, l’elenco dei Comuni del Comprensorio con il numero dei residenti, al fine di costituire un apposito Consorzio per la suddivisione delle modeste spese di gestione. Con questo grave episodio si è assestato un duro colpo alla tradizione storico-giuridica della Polis taorminese la quale amministrava la giustizia nei Palazzi dei Corvaja e dei De Spuches e più anticamente nelle piazze sia nel periodo classico (nell’agorà greca e nel foro romano) che in quello medievale del Regno di Sicilia, quando i processi di tenevano spartanamente nella piazza del Tocco (Copricapo dei giudici) dinnanzi l’omonima porta chiamata anche Porta Aragonese, oggi indicata con nome declassato di Porta Catania, come il vicino parcheggio a piani. I bravi amministratori dovrebbero anche sapere che Federico II giudicava e riceveva i grandi del Mediterraneo (Siriani ed Egiziani) nel palazzo regale riadattato con le strutture architettoniche del Teatro Greco-Romano, sito perfetto per stupire gli ospiti con la visione del triangolo dell’essenza del mondo: acqua, terra e fuoco dell’Etna. I bravi assessori dovrebbero anche impedire interventi edilizi volti a modificare negativamente l’aspetto architettonico dei magnifici edifici d’epoca posti nel Centro Storico perchè anch’essi devono essere tutelati alla pari degli altri beni culturali come il Palazzo del Parlamento ove la regina Bianca di Navarra (vicaria di Sicilia), convocò nel 1411 i pari di Sicilia (Baroni e feudatari) nel salone del ‘400 , tentando di dare un Re siculo alla Sicilia. Ma la vita ci ha anche insegnato che la speranza è l’ultima a morire, perciò, siamo portati benevolmente a concludere che il domani ci possa riservare un ritorno al futuro, ove la storia e la cultura abbiano un auspicabile sopravvento”.

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